L’AI non entra nelle aule

La notizia dell'introduzione dell'Intelligenza Artificiale generativa nell'istruzione superiore mette in luce una situazione piuttosto interessante e complessa.

Da una parte, molte università continuano a lottare con problemi di costo e disponibilità, dall'altra parte, ci si trova di fronte a un enorme potenziale creativo e trasformativo che questi strumenti possono offrire agli studenti.

Penso che ci siano motivi validi da entrambe le parti: fornire accesso esteso a tecnologie di AI può essere un investimento significativo non solo in termini economici, ma anche in termini di gestione e formazione.   Tuttavia, fermarsi davanti a queste barriere potrebbe rivelarsi un rischio. 

Una problematica e lenta integrazione

Secondo me, il fatto che metà delle università non fornisca accesso istituzionale agli strumenti di AI generativa fa pensare.

Nonostante i costi siano un ostacolo primario, sembra anche che vi sia una certa resistenza dovuta a disinformazione o confusione, problematica evidenziata dall'episodio emblematico della segretaria per l'istruzione degli Stati Uniti, Linda McMahon, che ha confuso l'AI con la famosa salsa A1.

Questo episodio divertente, ma anche vagamente preoccupante, potrebbe essere un esempio di quanto sia vitale promuovere conoscenze più approfondite e accessibili su cosa l'Intelligenza Artificiale realmente rappresenti.

Un occasione per la privacy e un’agorà innovativa

Mi viene da riflettere su come l'accesso istituzionale non rappresenti solo una questione di sicurezza, come giustamente sottolineato da Sidney Fernandes, ma possa anche promuovere una sorta di piattaforma comune di conoscenza e innovazione.

Garantire una sicurezza dei dati e privacy è essenziale, ma c’è anche un'opportunità per impegnarsi in una formazione che migliori effettivamente l'alfabetizzazione digitale e favorisca l'engagement degli studenti.

E qui entra in gioco un altro punto: la realizzazione di un'AI culturalmente responsiva, come sottolineato da Muhsinah Morris.  È essenziale che gli strumenti di AI non solo rispettino, ma anche riflettano le diversità culturali degli studenti che li utilizzano.

Bisogna ricercare la cooperazione: Bich Tech e università

Mentre le grandi aziende tecnologiche possono giocare un ruolo fondamentale nel colmare il divario digitale fornendo accesso gratuito o facilitato, non dovremmo dimenticare che le università hanno la responsabilità di preparare strategie lungimiranti.

Come evidenziato dai dati dell'Educause, solo l'11% delle istituzioni sembra avere una strategia AI comprensiva.

Questo dato mi fa pensare quanto urgente sia la necessità di pianificare l'integrazione di questi strumenti in modo strategico e attento, formando gli addetti ai lavori e gli studenti stessi.

Verso un futuro migliore

Allora, cosa ne penso di tutto questo?

Credo sia fondamentale che le istituzioni, pur affrontando sfide economiche ed etiche, si concentrino sulla costruzione di ambienti che possano sfruttare al meglio le potenzialità dell'AI generativa.

Vorrei vedere una maggiore collaborazione tra mondo accademico e tecnologico, ma anche una responsabilità condivisa nel formare una nuova generazione di studenti preparati ad affrontare un futuro dove l'AI avrà un ruolo sempre più determinante.

In definitiva, mentre i costi e le preoccupazioni etiche rappresentano delle sfide, il vero banco di prova sarà la capacità di innovare, adattarsi e soprattutto educare.


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