USA-UE: la gestione AI

Il dibattito sull'intelligenza artificiale generativa è ormai all'ordine del giorno, anche se le sue radici risalgono agli anni '50 con pionieri del calibro di Turing e Samuel.

L'esplosione odierna di tecnologie AI, però, ha portato a una serie di problemi complessi come l'estrazione dei dati, la memorizzazione e soprattutto il copyright.

Negli Stati Uniti, le battaglie legali si concentrano sulla difesa del "fair use", un concetto che lascia molto spazio all'interpretazione: ci si chiede se l'utilizzo di materiali protetti dal diritto d'autore da parte dell'AI possa essere limitato senza soffocare l'innovazione.

Il fair use, ma per gli autori è unfair

La mia idea è che il concetto di "fair use" negli USA permette alle grandi aziende tech di muoversi tra le maglie della legge, un esempio evidente è il caso Authors Guild, Google, Inc.

Qui, nonostante il 16% del materiale originale usato da Google, la giustizia ha stabilito che il risultato fosse "trasformativo" e dunque consentito. Questo offre margini di manovra alle aziende AI, nonostante gli autori si lamentino di vedere il proprio lavoro svalutato. In questo contesto, la flessibilità della legge pare favorire l'innovazione a scapito della protezione degli autori.

Problematiche legali ed etiche, Autori vs AI

In casi più recenti, come Kadrey vs Meta Platofrms, la questione si è estesa a comprendere anche l'approvvigionamento illegale di opere, sollevando dubbi su quanto le aziende possano avvantaggiarsi di dati non propriamente licenziati. Questo doppio aspetto, cioè la quantità di materiale usato e l'origine dei dati, ha portato a contenziosi che complicano ulteriormente la materia.

Secondo me, questo espone le aziende a rischi legali significativi, ma al contempo stimola una riflessione necessaria sulla trasparenza dei dati. 

Il caso Tremblay vs OpenAI,  ha poi aggiunto un ulteriore livello di complessità discutendo la distinzione tra input e output. La questione principale era se l'output "allucinato" da un modello AI possa essere considerato una violazione diretta del copyright.

Personalmente, credo che queste sfide legali rafforzino l'idea che il diritto d'autore debba evolversi per affrontare le peculiarità dell'AI, qualcosa che i tribunali dovranno considerare attentamente in futuro.

La situazione in Europa

Diversa è la situazione in Europa, dove la normativa è molto più restrittiva.

Il GDPR conferisce alle autorità un potere significativo nell'agire contro l'abuso di dati personali.

La mia impressione è che questo rigore renda l'approccio europeo alquanto conservatore rispetto all'innovazione tecnologica, impedendo di fatto la creazione di grandi corpora di dati indispensabili per l'addestramento dell'AI generativa.

Da questa prospettiva, il "genio" dell'AI è tenuto ben chiuso nella bottiglia, limitando così notevolmente il potenziale di mercato.

Un sistema complesso, anche per gli investitori

Un altro aspetto che mi affascina è l'influenza di queste dinamiche sul capitale di rischio.

Gli investitori, soprattutto quelli che operano con start-up AI, devono navigare un panorama legale incerto e in rapida evoluzione.

In Europa, i requisiti di conformità e le multe pesanti per violazioni del GDPR alzano notevolmente l'asticella della due diligence. Penso che ciò possa portare a una maggiore cautela negli investimenti, con un focus sempre maggiore sulla gestione del rischio legato alla privacy e alla proprietà intellettuale.

Qualche considerazione

Quindi, cosa ci portiamo a casa da tutto questo?

Le normative emergenti cercheranno probabilmente di trovare un equilibrio tra promuovere l'innovazione e proteggere i diritti degli autori.

Anche se attualmente gli Stati Uniti offrono un ambiente più liberale per l'AI, il vento regolatorio potrebbe cambiare, richiedendo alle aziende di navigare tra normative in continua evoluzione e allineare i loro modelli di business per evitare brutte sorprese.


Vuoi leggere l’articolo che ha ispirato questo mio post? Clicca qui

Previous
Previous

La Casa Bianca punta su AI

Next
Next

Un nuovo collega: l’AI